Energia ed efficienza energetica in agricoltura

Pisa |CNR |8 ore | 01 Aprile 2021

INTERVENTO DI ALESSANDRO FRANCO

Docente del dipartimento DESTEC, Università di Pisa


Energia, efficienza energetica ed agricoltura

Quello dell’energia è uno dei problemi più importanti e tecnicamente rilevanti. I problemi connessi con l’uso dell’energia sono tanti e riguardano i vari aspetti della trasformazione dell’energia, che porta dalle fonti e risorse primarie, agli usi finali attraverso processi, sistemi e componenti energetici. La filiera dell’energia riguarda sia l’approvvigionamento di materie prime (prodotti petroliferi, gas naturale, carbone, shale gas) sia la produzione e trasformazione, sia il trasporto e la distribuzione dell’energia e la gestione dei flussi.

In generale il concetto di energia può essere esemplificato nell’idea di movimento o possibilità di determinare movimento. L’energia esiste in varie forme: nucleare, chimica, elettromagnetica, elettrica, termica, meccanica. Le diverse forme sono teoricamente tutte convertibili l’una nell’altra anche se questo passaggio comporta talvolta una degradazione importante. Esistono diverse fonti energetiche: primarie, secondarie, non rinnovabili, rinnovabili, quasi-rinnovabili ed esistono i vettori energetici (i più noti sono sicuramente l’energia elettrica e l’idrogeno), che servono fondamentalmente per trasferire o accumulare energia in maniera più semplice.

Le fonti energetiche oltre ad essere diversamente percepibili, hanno caratteristiche intrinseche diverse. Queste riguardano il tipo di energia producibile (termica, meccanica, elettrica), la potenza specifica (energia per unità di massa, superficie occupata dagli impianti, e così via), la scala degli impianti (economia di scala), la disponibilità (costante, periodica, intermittente), i costi di

approvvigionamento, l’impatto ambientale e i rischi associati alla utilizzazione.

Le attività umane dipendono dall’uso di energia. Esistono e sono ben note nelle scienze economi- che e sociali delle precise correlazioni tra l’accesso all’energia ed alcuni indicatori di benessere socio economico, come l’aspettativa di vita, il tasso di mortalità infantile, il tasso di alfabetizzazione, oltre ad essere ben noto il legame tra crescita e sviluppo economico, rappresentato da indicatori quali il prodotto interno lordo (Pil) di una nazione e gli usi di energia.

Prima di analizzare brevemente i dati energetici relativi al mondo agricolo ed esaminare successivamente le singole fonti energetiche, è opportuno chiarire quali sono le unità di misura dell’energia, soprattutto da un punto di vista pratico. Occorre in particolare distinguere tra il concetto di energia (ovvero capacità di fare lavoro) misurata in Joule (J) o in suoi multipli tecnicamente più rilevanti, e quello di potenza, che identifica invece il flusso di energia, ovvero l’energia nell’unità di tempo che è misurato in Watt (W) o multipli di questa grandezza elementare e più noti nella percezione comune, quali il kilowatt (kW).

Nel valutare gli usi dell’energia si possono usare diverse unità di misura, che possono essere differenziate sia in base al tipo di sorgente energetica sia in base al livello di trasformazione a cui l’energia viene richiesta: è quindi utile riferirsi ad alcune unità di uso comune.

Per effettuare quantificazioni significative si usa- no in genere il chilowattora (kWh), la kilocaloria (kcal), la tonnellata equivalente di petrolio (Tep), ossia la quantità di energia necessaria per ottenere da una qualsiasi fonte energetica il calore prodotto dalla combustione di una tonnellata di petrolio convenzionale (Tep). Tale valore corrisponde a 41.86 GJ (miliardi di Joule). Si tratta di una grandezza assolutamente convenzionale, ma che è molto utilizzata a livello merceologi-

co, insieme a un suo ulteriore multiplo, ovvero ilMTep, che corrisponde ad un milione di tonnellate equivalenti di petrolio. Nella successiva tabella sono evidenziati in funzione della grandezza precedentemente citata i livelli di usi energetici procapite rilevabili nei vari periodi storici. 

Come detto la storia recente e soprattutto quella del XX secolo ha dimostrato che la richiesta di energia è strettamente correlabile allo sviluppo socio-economico. Il passaggio dalle economie agricole alle economie industriali ha prodotto un incremento notevole dei consumi energetici. Il fabbisogno prevalente di fonti energetiche riguarda oggi la produzione diretta di mobilità (trasporti), di calore e di elettricità.

Nei Paesi industrializzati in fascia climatica intermedia, in genere circa un terzo dell’energia primaria è utilizzato per produrre mobilità, circa un terzo per usi termici (riscaldamento ambienti o calore di processo) e il restante è utilizzato per la generazione elettrica.

Gli usi di energia primaria (di risorse fossili e rinnovabili) complessivi ammontano a livello mondiale a circa 14.500 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (MTep). Considerando una popolazione mondiale di circa 7.5 miliardi, questi corrispondono a poco meno di 2 Tep pro- capite per anno, con ovvie disomogeneità legate sia alle condizioni socio-economiche che clima- tiche dei diversi Paesi. Gli usi di energia elettrica ammontano invece a 26.000 TWh (Terawattora). Considerando che 1 MTep = 11.6 TWh, 26.000 TWh corrispondono a circa 2.500 MTep di usi fi- nali.

In Italia gli usi di energia sono dell’ordine di 150 Mtep complessivi, quindi circa 2.5 Tep procapite annuali (visto che la popolazione è di circa 60 milioni di abitanti), quindi poco sopra la media mondiale. Questi ovviamente vengono ripartiti nei vari usi (termico, elettrico, mobilità, trasformazioni) e nei vari settori di utilizzazione (civile/residenziale, terziario, industriale, agricolo). Negli ultimi anni si è assistito ad una riduzione legata però non tanto ad un incremento dell’efficienza energetica quanto soprattutto ad una trasformazione della società (in vari sensi).


Gli usi dell’energia nel comparto agricolo

Il legame tra energia e mondo agricolo è meno forte rispetto a quello di altri comparti ma comunque importante. Se si osserva la tabella che inquadra ciò che è successo in Italia nel secolo scorso, si può osservare come il progressivo incremento degli usi energetici abbia trasformato la società da prevalentemente agricola ad industriale, dove la frazione agricola del Prodotto interno lordo si è progressivamente spostata da oltre il 60% al 3%. 

Ma in effetti nel secolo scorso, anche in agricoltura, si è osservata una progressiva crescita del ricorso all’energia: questo sia per effetto della crescente meccanizzazione ed il contemporaneo passaggio dall’uso di energia prevalente- mente animale a quella meccanica, sia dell’uso dei fertilizzanti. Come risultato è progressiva- mente calata la messa a coltura di nuove superfici e vi è stato invece un continuo e crescente fenomeno di:

- incremento delle rese medie unitarie (t/ha) di tutte le principali colture agrarie

- velocizzazione del lavoro umano ed aumento delle superfici dominate dall’unità lavorativa

- abbassamento dei costi di produzione

- aumento dei redditi dalle attività agricole

In conseguenza di questo si è osservata anche l’“esplosione” delle rese medie unitarie delle col- ture. Ciò ha senz’altro migliorato la qualità del- la vita del mondo industrializzato, almeno fino a quando questa dipendeva, in gran parte, dalla possibilità di poter garantire un’adeguata alimentazione alla popolazione. La trasformazione dei metodi di lavoro in agricoltura è da collegare in larga misura alla meccanizzazione ed all’uso di energia. I macchinari hanno infatti reso possibile una coltivazione e una raccolta più rapida ed efficace a cui si è unita una riduzione degli sprechi.

In alcune regioni particolarmente fertili e/o con colture locali e radicate, grazie alla meccanizzazione si è riusciti ad ottenere due raccolti in un solo anno.

Tanto per farsi un’idea, occorre considerare che nel periodo tra il 1950 e il 1985, mentre la popolazione attiva in agricoltura si riduceva da oltre 8 milioni a poco meno di 3 milioni di unità, la meccanizzazione passava, se la si esprime attraverso la potenza complessivamente installata, da 4 MW del 1950 a 80 MW nel 1981, anche in conseguenza delle evoluzioni nell’ambito della meccanica agraria. Sempre analizzando alcuni dati significativi, nello stesso periodo, considerando le unità motrici e semoventi più significa- tive si passava:

- da 55.000 a 1.100.000 trattori

- da 5.000 a 335.000 motocoltivatori

- da 60.000 a 400.000 motofalciatrici

- da poche unità a 35.000 mietitrebbiatrici

La crescita di meccanizzazione è aumentata anche nel trentennio successivo. In base ad una analisi prodotta attraverso i dati Istat più aggiornati circa il livello di meccanizzazione dell’agri- coltura e delle aziende agricole italiane, vediamo che gli ultimi dati disponibili (2016) mostrano come, a fronte di un totale di oltre 16.5 milioni di ettari di Superficie agricola totale (SAT) di cui oltre 12 milioni coltivati (SAU), la meccanizzazione è intervenuta su più dell’80% della SAU utilizza- ta, per un totale di circa 10 milioni di ettari.

Interessanti sono i dati riferiti alle tre macro-regioni italiane che rispecchiano generalmente la distribuzione delle aziende agricole: Nel nord Italia, nel 2015 sono state censite oltre 380.000 aziende agricole, si contavano quasi 4 milioni di mezzi per la produzione. Nel sud Italia, le aziende agricole censite erano circa 950.000, i macchinari per la produzione immatricolati erano circa 4.400.000. Ciò significa che nel nord Italia, mediamente, vi sono oltre 10 macchinari agricoli per azienda mentre al sud, ogni azienda vanta una dotazione media di 4,7 mezzi agricoli. Nonostante tutto quello che è avvento ed il significativo affermarsi della meccanizzazione, ancora oggi in Italia il sistema agricolo utilizza poca energia, in particolare circa 4-4.5 Mtep/ anno (che rappresentano solo il 3% dei 150 Mtep/anno complessivi), e di questi oltre il 70% sono combustibili per la movimentazione dei mezzi meccanici; in particolare si stimano i seguenti consumi:

0,8 Mtep/anno (15%) – elettricità 2,9 Mtep/anno (70%) – combustibili 0,8 Mtep/anno (15%) - calore

Le valutazioni tuttavia cambiano radicalmente se si valuta non solo l’attività “in campo” ma tutta la filiera che porta anche alla trasformazione successiva, analizzando l’intera filiera agroalimentare.

Le filiere agroalimentari richiedono energia oltre che in termini di combustibili fossili per i macchinari, di fitosanitari per il controllo delle patologie vegetali e di fertilizzanti per la crescita e lo sviluppo delle coltivazioni in pieno campo e in serra. Ulteriori e più rilevanti richieste di energia sono dovute alla preparazione, alla distribuzione e alla conservazione degli alimenti di origine animale e vegetale. Nella figura tratta da uno studio dell’Enea, si può osservare come in effetti gli usi di energia legati all’agricoltura, nel caso di inclusione dell’intera filiera agroalimentare, si modifichino radicalmente.


Energia e agricoltura.

Le fonti rinnovabili nel mondo agricolo

Parlando di energia, di risparmio e di ottimizzazioni energetiche, come in tutti i campi ci si può chiedere quali possano essere le possibilità di utilizzazione delle energie rinnovabili in agricoltura. Diverse sono le possibilità di interazione tra agricoltura ed energie rinnovabili. Il primo tentativo è stato storicamente quello di promuove- re delle forme di autosufficienza energetica. Si pensi a questo proposito all’uso dei sistemi eolici per il pompaggio di acqua (ad esempio il famoso mulino Vivarelli largamente utilizzato nelle campagne maremmane) o a forme di generazione diretta di energia termica, tramite primordiali collettori solari termici.

In tempi più recenti ci sono stati tentativi di utilizzare i terreni agricoli per dare vita alla produzione di energia elettrica beneficiando delle varie forme di incentivazione. In particolare, negli anni tra il 2005 e il 2015, la promozione delle fonti rinnovabili in Italia si è incentrata su programmi di incentivazione che possono essere raggruppati nelle tre tipologie della assegnazione di certificati verdi alla produzione, nell’assegnazione di un incentivo amministrato alla produzione (conto energia per solare fotovoltaico) o nella remunerazione amministrata dell’energia elettrica immessa in rete (tariffa fissa onnicomprensiva). Si sono sviluppate alcune iniziative, non sempre positive, nel settore del solare foto- voltaico e delle bioenergie.

Non sempre tuttavia il rapporto tra impianti fotovoltaici e comparto agricolo è da considerarsi positivo. L’applicazione al suolo di grandi installazioni fotovoltaiche, per superfici nell’ordine delle decine o addirittura delle centinaia di ettari, è stata vista in effetti come un intervento in grado di determinare una significativa alterazione ambientale e paesaggistica, sia che si insediasse su un terreno precedentemente coltivato, sia che coinvolgesse superfici “non produttive”, non avendo peraltro neppure sempre effetti positivi da un punto di vista prettamente energetico.

In effetti il dibattito su questo è stato ampio ed articolato, essendo comunque difficile individua- re “aree inutili”, visto che anche le aree abbandonate dall’attività agricola non sono aree perse alla produttività ecologica.

Una visione sicuramente migliore e più apprezzabile è quella oggi rappresentata dall’agrivoltaico che tiene insieme agricoltura e produzione di energia solare. In generale questo sistema ha consentito di limitare le escursioni termiche e di far trattenere al terreno una maggiore quantità di umidità. Detto in altre parole, l’agrivoltaico è un modo di coltivare che permette un minor impiego di acqua e consente di raffreddare i pannelli solari in modo naturale. Diversi studi agronomici dimostrano che la resa dei raccolti è superiore rispetto al normale, a fronte anche di un minor consumo d’acqua.

Sotto i moduli fotovoltaici ad esempio, sono stati registrati diversi gradi in meno (in estate) o in più (in inverno) rispetto al campo aperto. Questo significa che con l’agrivoltaico anche i lavoratori potranno trarne un considerevole vantaggio dal punto di vista delle condizioni ambientali. Il sistema di coltivazione agrivoltaico consente di trovare una soluzione al problema dell’utilizzo della terra.

A partire dai primi anni Duemila è anche iniziato in parallelo il dibattito sulle possibilità di diversificazione del reddito agricolo e tra queste quella offerta dall’energia è apparsa tra le più rilevanti. In Europa il problema è stato particolarmente sentito anche a seguito dell’allargamento dell’Unione (arrivata a 28 Paesi) e della rivisitazione della PAC. La possibile valorizzazione delle biomasse nelle varie forme è sempre stato un argo- mento di grande interesse nel settore agricolo. Molte sono le possibilità di ottenere valorizzazione di scarti della filiera agricola o addirittura la diffusione di vere e proprie colture dedicate. In questo caso però il problema è sempre stato quello di conciliare l’interesse della questione con la ridotta resa, legata alla bassa intensità energetica delle biomasse.

Molte iniziative nel settore delle bioenergie prevalentemente incentrate sull’utilizzo di biomasse legnose e sul biogas sono state trascinate in modo significativo dal sistema delle incentivazioni. Anche questo però se in alcuni casi ha prodotto iniziative positive, si pensi agli impianti a biogas ottenuto da processi di digestione anaerobica di reflui zootecnici, spesso ha prodotto impianti non correttamente dimensionati, anche a causa della ridotta intensità energetica delle biomasse da energia, come chiaramente evidenziato nella figura seguente.

Se per quanto riguarda le attività “in campo” non è facile individuare interventi di risparmio energetico, questi potrebbero riguardare di sicuro le coltivazioni serricole, nelle quali si sta diffondendo il ricorso all’illuminazione a led e più in generale altri aspetti della filiera e soprattutto le attività di trasformazione.

Più in generale, considerando l’intera filiera agro-alimentare, gli interventi di efficienza energetica possono riguardare sia la sostituzione e l’ammodernamento di componenti obsoleti, sia la rivisitazione dell’intero processo. Ogni situazione, azienda, caso, in base alla dimensione, al prodotto ed alla tecnologia ha esigenze diverse, motivo per cui non è facile fornire linee guida trasversali. Viste tuttavia le esigenze comuni si possono offrire alcuni spunti:

- installazione di impianti solari termici supportati da impianti convenzionali al fine di produrre acqua calda

- installazione di generatori di vapore che possa- no produrre sia il vapore per la sterilizzazione, mentre il calore in cascata può essere utilizzato anche per il riscaldamento di ambienti

- installazione di sistemi cogenerativi in grado di generare sia potenza elettrica che termica

- utilizzo di sistemi a pompa di calore

- sostituzione di caldaie tradizionali con caldaie a condensazione

Una misura dell’efficienza energetica è data dal rapporto tra il contenuto energetico del prodotto e l’energia spesa per ottenerlo. 


Interventi di risparmio energetico e di efficienza energetica nel comparto agricolo

Come abbiamo avuto modo di evidenziare nelle precedenti considerazioni, il comparto agricolo non è considerato particolarmente energivoro. Ciò lo ha reso esente da obblighi specifici nell’ambito energetico e le iniziative di efficienza ed efficientamento, che potrebbero avere comunque ricadute importanti e vantaggiose, sono spesso legate all’iniziativa dell’imprenditore agricolo, che in molti casi non intravede immediati vantaggi nella loro implementazione.

Per questo è difficile osservare in ambito agri- colo ed agroalimentare il ricorso alla tecnica della diagnosi energetica, che rappresenta il primo passo di qualunque iniziativa di efficentamento. Si tratta, come affermato dalla direttiva 2012/27/UE di “una procedura sistematica finalizzata a ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto indu- striale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici e a riferire in merito ai risultati”. La prima diagnosi energetica (o anche una procedura di analisi “light” per interventi circoscritti) è da considerarsi sempre un investimento lungimirante per avere un quadro dello stato dell’arte dei consumi e cominciare a costruire le basi (procedura- li, informatiche, tecniche) per quanto riguarda le diagnosi successive.

Energia sotto forma elettrica è richiesta per le fasi di pigiatura e pressatura delle uve e per le fasi di fermentazioni. La fase di stabilizzazione del vino richiede energia per produzione di “basse temperature” (refrigerazione: i processi avvengono a temperature di 0° o anche inferiori). Energia sotto forma termica è richiesta per le fasi di imbottigliamento (per la sterilizzazione). Anche la fase di conservazione (che avviene a temperature inferiori a quelle tipiche degli ambienti interni) richiede energia.

Oltre ai processi di produzione vera e propria è necessario considerare anche tutto ciò che de- termina usi di energia all’interno dell’azienda:

- illuminazione dei locali

- climatizzazione degli ambienti

- elettricità per dispositivi interni

- spese energetiche per il consumo del laboratori

La spesa energetica per hl di vino prodotto, considerando un’azienda che produce 30.000 hl di vino annui può essere stimata nei valori seguenti:

consumi elettrici: 11 kWh per hl di vino consumi termici: 1 kWh per hl di vino

Il rapporto tra usi elettrici e usi termici in particolare è di circa 10 a 1. L’uso di energia in quanto tale non sembrerebbe rilevante ma valutando la consistenza dell’azienda è comunque una voce di costo importante. Tuttavia, prendendo in esame diverse tipologie di aziende, si possono individuare variazioni assai significative: in sostanza si può osservare come il consumo di energia per litro di vino prodotto possa variare da 0.07 kWh/ litro fino a circa 1.1 kWh/litro.


Energie, efficienza energetica e fonti rinnovabili in agricoltura: possibilità di finanziamento

e agevolazioni disponibili, con particolare riferimento alla Toscana

Negli ultimi anni l’agricoltura ha saputo rispondere alle nuove e mutate esigenze e tendenze dei consumatori ed ha contribuito in maniera decisi- va all’incremento del Pil regionale e dell’occupazione. In questo contesto è anche cresciuto in maniera rilevante l’interesse per l’agricoltura: la nascita di nuove imprese condotte da giovani, la crescita dell’imprenditoria femminile e lo sviluppo di filiere ad elevata redditività costituiscono

un segnale molto positivo che non va trascura- to, valorizzando il ruolo sociale dell’agricoltura e moltiplicando le importanti esperienze degli ultimi anni, quali lo sviluppo dell’agricoltura biologica (si stima che il consumo di energia risulta inferiore di circa un terzo rispetto all’agricoltura tradizionale).

È importante peraltro, in questa fase di grave crisi determinata dall’emergenza sanitaria in atto, rilanciare anche il tema dell’agricoltura come importante fonte di reddito e di futuro sviluppo dell’Italia e della Toscana in particolare.

In questo contesto non vanno sottovalutate tutte le prospettive legate all’innovazione ed in parti- colare tutte le possibilità determinate anche nel- le iniziative di risparmio energetico, soprattutto in tutte le attività di filiera ed investire in tutte quelle attività che anche prima della pandemia avevano visto una rilevante crescita, come quelle che vanno dalla vendita diretta all’agriturismo, dall’agricoltura sociale o agri campeggi alle fattorie didattiche.

Altrettanto significative sono le attività di manutenzione del territorio e la produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché implementare la funzione del sistema imprenditoriale agricolo nell’azione di valorizzazione del territorio. Per questo sarà importantissimo, visto che l’imprenditore agricolo a parte rari casi deve comunque far quadrare i propri conti, accedere a tutte le possibilità di finanziamento soprattutto ai fondi europei, inserendosi in tutti e 5 gli obiettivi della politica di coesione 2021-27, facendo in parti- colare leva su alcuni punti, quali ad esempio la valorizzazione del territorio (food/energy), del ciclo di vita dei prodotti (rotazione, aumento potere fertilizzante del terreno, valorizzazione scarti) e della filiera corta.

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