INTERVENTO DI ROBERTO BARALE
ordinario di Genetica all’Università di Pisa
ABSTRACT DELL'INTERVENTO
I cibi funzionali
e le molecole bioattive negli alimenti
Gli sviluppi della biologia molecolare, ma soprattutto della genetica, genomica e metagenomica hanno permesso importantissimi progressi nella comprensione del funzionamento del nostro organismo, anche in relazione alla dieta ed alle patologie ad essa spesso correlate. Queste conoscenze se da un a parte si basano su indagini epidemiologiche e cliniche, stimolandone anche ulteriori sviluppi, dall’altra possono fornire la “plausibilità biologica” necessaria a vali- dare quanto osservato “in vivo”. Appare evidente che siamo di fronte ad una materia fortemente multidisciplinare che richiede conoscenze delle scienze chimiche, farmaceutiche, agrarie, veterinarie, biologiche e mediche. Tale interazione ci permette, oggi, di studiare e comprendere le molteplici proprietà dei cibi, che vanno ben oltre alle caratterizzazioni canoniche: proteine, lipidi, carboidrati, fibre, vitamine, sali minerali, cofattori, considerando, adesso, una serie di fattori “non convenzionali”, ma benefici per l’omeostasi dell’organismo o addirittura preventive e/o curative di patologie, spesso microbiche, e per questo detti “cibi funzionali”. Vengono così denominati perché contengono molecole, o complessi, dette “bioattive”, capaci di esercitare importanti ruoli salutistici anche a bassissime dosi agendo in vari modi. Per esempio possono funzionare come “segnali” di attivazione e/o inibizione di processi biologici anche complessi. È pratica comune, ingerendo un cibo, di valutarne una serie di proprietà: l’odore, il gusto, la palatabilità, la temperatura, la fragranza, la croccantezza, e tutto ciò avviene per le diverse centinaia di sensori diversi che costellano il nostro cavo orale e nasale. Negli ultimi lustri si è scoperto che tali sensori sono disseminati in tutto il nostro organismo svolgendo attività sensoriali “non coscienti”, cioè gli stimoli da loro percepiti non arrivano alla nostra coscienza, ma vanno ad interessare moltissimi organi più o meno direttamente con- nessi alla nutrizione, e fondamentali per la nostra vita. Quindi i sapori e gli odori dei cibi, se hanno una finalità di scelta dei cibi quando passano dal naso e dalla bocca, ben altre funzioni, forse più importanti, e molte ancora sconosciute, svolgono quando attraversano il tratto gastrointestinale e urogenitale, o per via ematica arriva- no al pancreas, fegato, polmoni, midollo osseo, prostata, cute, cervello. Stimolano così la peristalsi intestinale, il senso di sazietà, la rigenerazione degli epiteli intestinali, il riassorbimento della bile, regolano la secrezione di insulina, la contrazione della cistifellea, della vescica, la pressione arteriosa agendo sul microcircolo, o la frequenza cardiaca, mentre sono da chiarire i loro ruoli nel midollo osseo, nel testicolo, nel- le ovaie, nel cervello. Oltre ai segnali, i principi bioattivi possono svolgere vere e proprie attività “farmacologiche”, come la attività antiossidanti, antiinfiammatorie, analgesiche, antitumorali, protettive del sistema nervoso e riproduttivo. In molti vegetali sono presenti agenti antibatterici, antivirali, antiprotozoi, antifungini, antielmintici che hanno aiutato i nostri antenati nella lotta quotidiana contro le infezioni che tenevano largamente impegnato il loro sistema immunitario. Non dimentichiamo che larga parte dei farmaci sugli scaffali delle farmacie sono di origine naturale, prevalentemente vegetale, ma anche animale come il miele e derivati delle attività dell’ape, o l’acido ursodesossicolico, usato nel- la medicina cinese per controllare la colesterolemia. Tuttavia le scoperte più entusiasmanti sono quelle dovute alla metagenomica che ci ha permesso di studiare più approfonditamente il nostro microbiota, cioè la moltitudine di microrganismo che popolano il tratto gastroenterico, e non solo. Sono nostri commensali e, per com- petizione, ci proteggono dagli attacchi dei patogeni esterni, o digeriscono molecole complesse, e ci forniscono una serie di quantità di molecole che solo loro possono produrre, come la vitami- na K, o che noi non possiamo ingerire come tali, come certi acidi grassi a catena corta, il prezioso butirrato. Sono molecole che non solo entrano nelle nostre catene metaboliche, ma funzionano anche da segnale per una quantità di sensori, ed in primis quelli connessi al nostro sistema immunitario. Quest’ultimo sembra sempre più dipendente dal tipo di microbioma intestinale a sua volta condizionato dalla nostra alimentazione. Esiste anche un asse “intestino-cervello” ad azione “circolare” sul quale il microbiota insiste for- temente. Infine, i cibi funzionali sono in grado di modificare l’espressione dei nostri geni introducendo modifiche anche permanenti, dette anche mutazioni epigenetiche, come la nutrigenomica sta dimostrando. Un esempio macroscopico e non certo recente è rappresentato dal differenziamento anatomico e comportamentale che una diversa alimentazione produce nelle api. E la genetica delle sviluppo ci insegna che posse- diamo un’architettura genetica, ed un sistema di regolazione, (geniomeotici) molto simile a quel- la degli insetti. Nei mammiferi e nell’uomo sono noti gli effetti di certe molecole nel modificare, se non addirittura a volte annullare, gli effetti deleteri di certe mutazioni, come può far l’acido folico oppure gli effetti del sulforafano e della withaferina A nel modificare terapeuticamente l’epigenoma di certi tumori.
INTERVENTO DI MARCELLO MELE
ordinario di Scienze animali e direttore del Centro di ricerche agro-ambientali“Avanzi” dell’Università di Pisa
ABSTRACT INTENVERTO
Proprietà funzionali e molecole bioattive nel latte e nei formaggi
Nei paesi ad economia avanzata l’incremento nella popolazione dei casi di obesità, malattie cardiovascolari e di sindrome metabolica, osservabile anche nelle fasce di età più giovani, sta destando forte preoccupazione nelle istituzioni sanitarie. Per far fronte a questo problema molti paesi hanno elaborato strategie di educazione alimentare, che si articolano in vere e proprie linee guida per una sana alimentazione, al fine di migliorare le abitudini alimentari dei consumatori e diminuire l’incidenza delle patologie sopra citate, con conseguente sgravio delle spese sanitarie. Nell’ambito di queste linee guida, al latte, ai latticini e ai formaggi viene riconosciuto un ruolo, ma che solo in parte considera le proprietà di questi alimenti. Le loro caratteristiche nutrizionali, infatti, non sono ancora ben conosciute, nemmeno tra gli esperti di nutrizione umana, soprattutto se si parla di prodotti ottenuti con latte di specie diverse da quella bovina. Gli aspetti più noti sono quelli relativi al contenuto di calcio e, talvolta, al contenuto di proteine ad alto valore biologico e facilmente digeribili. Le caratteristiche nutrizionali del latte e dei suoi derivati, in particolare i formaggi, in realtà sono molto diversificate e ancora non del tutto rivelate, proprio in virtù dell’elevata complessità della materia prima da cui vengono prodotti. La composizione del latte, a sua volta, è influenzata dall’alimentazione, dal sistema di allevamento e dalle razze di animali utilizzate. Su questo livello di complessità si innesca poi quello ascrivibile all’effetto della stagionatura e delle attività metaboliche dei batteri lattici nativi e contenuti nei lattoinnesti. Tali fattori sono responsabili della peculiarità dei vari formaggi non tanto per il contenuto in macronutrienti quanto per la com-posizione della frazione lipidica, della frazione proteica e per la presenza di alcune componenti minerali del latte. In merito alla composizione della frazione lipidica, è noto che nel grasso del latte coesistono diversi composti ad azione contrapposta; in generale un’azione negativa è riconducibile alla presenza di acidi grassi saturi e trans, mentre un’azione positiva è dovuta alla presenza di so-stanze bioattive come l’acido linoleico coniuga-to, l’acido vaccenico e gli acidi grassi polinsaturi omega 3. Il contenuto di quest’ultime sostanze, che hanno dimostrato proprietà benefiche perla salute umana, è naturalmente più elevato nel latte dei piccoli ruminanti e può essere opportunamente potenziato attraverso sistemi di alimentazione naturali e rispettosi del benessere degli animali. Una presenza prolungata di foraggio verde nell’alimentazione degli animali garantisce un costante apporto nella dieta degli animali di acidi grassi polinsaturi omega-3 (PUFAn-3), che si riflette in un maggior contenuto sia diPUFA n-3 sia di isomeri dell’acido linoleico coniugato (CLA) nel latte e nei formaggi. Nei sistemi di allevamento basati sul pascolo, il contenuto di acidi grassi ad azione bioattiva segue, di norma, l’andamento stagionale della disponibilità di erba. In primavera, pertanto, quando la qualità e la quantità di erba disponibile sono massime, la concentrazione di acidi grassi ad azione bioattiva nel grasso del latte raggiunge un picco e, successivamente, a seguito dell’innalzarsi delle temperature e della maturazione fisiologica della maggior parte delle essenze pascolive a ciclo annuale, tale concentrazione decresce. Le ricerche svolte hanno evidenziatola possibilità di stabilizzare tali caratteristiche nel latte durante la stagione produttiva, anche in periodi dell’anno in cui l’attività di pascolo è limitata dalle condizioni pedo-climatiche. Questo aspetto è particolarmente importante alla luce dei recenti studi clinici che hanno dimostrato come il pecorino arricchito con acidi grassi omega-3 e CLA abbia un’azione positiva sulla salute dell’uomo. In tal senso, l’introduzione di fonti digrasso vegetale nella dieta dei piccoli ruminantisi è dimostrata una strategia efficace. È noto che dal 25 al 30% del peso totale dei for-maggi pecorini è costituito dalla frazione proteica che comprende una quota di proteina degradata (composta prevalentemente da aminoacidiliberi), che varia in funzione del trattamento termico cui è sottoposto il latte, del grado di stagionatura del formaggio e del potere proteolitico degli enzimi endogeni del latte e di quelli esogeni appartenenti ai batteri lattici coinvolti nel processo di trasformazione e di maturazione del formaggio.
Il processo di degradazione proteica riveste un ruolo particolarmente importante dal punto di vista nutrizionale determinando sia un aumento della digeribilità della proteina per incremento degli aminoacidi liberi sia la liberazione dipeptidi bioattivi, ovvero peptidi che hanno una potenziale azione benefica sulla salute dell’uomo. La frazione proteica del latte e dei formaggi è ricca di aminoacidi essenziali quali la lisina, caratteristica questa che costituisce un tratto saliente del valore nutrizionale di questi prodotti al fine di garantire il benessere e un ottimale sviluppo psico-fisico dell’essere umano. Recenti studi, infatti, hanno evidenziato il ruolo funzionale di alcune proteine native del latte, al di là del loro valore nutrizionale e, inoltre, la presenza di peptidi che si originano durante la stagionatura del formaggio e durante l’attività digesti-va nell’intestino dell’uomo, per i quali sono state evidenziate differenti funzioni bioattive.
Con la scoperta dei fattori bioattivi nel latte si è aggiunta un’ulteriore dimensione nel definire il valore nutritivo del latte e si prospettano interessanti opportunità per l’industria casearia e il suo indotto. La presenza di tali peptidi è stata evidenziata principalmente in formaggi vaccini, mentre ancora pochi studi sono stati eseguiti sui formaggi di pecora. Le funzioni bioattive dei di-versi peptidi che si possono originare dalla frazione proteica dei formaggi durante i processi di trasformazione e di maturazione (ad opera di enzimi endogeni e degli enzimi prodotti dai batteri lattici) e di digestione (ad opera degli enzimi proteolitici del tratto gastrointestinale) è molto varia e prende in considerazione, in particolare, attività anti-ipertensive e antitrombotiche, immunomodulatorie, agoniste degli oppioidi e di regolazione dell’assorbimento di nutrienti (in particolare metalli, fosforo e calcio).
Il contenuto di peptidi bioattivi nel formaggiopuò variare sensibilmente in funzione del tipo genetico degli animali allevati, della tecnologia di trasformazione adottata e della lunghezza della stagionatura. Un’importanza minore, rispetto a quanto riportato in precedenza perla frazione lipidica, riveste il sistema di alleva-mento, se non per la possibilità di avere una microflora nativa differente.
INTERVENTO DI ANNAMARIA RANIERI
ordinario di Composti bioattivi e Nutraceutica all’Università di Pisa
ABSTRACT INTERVENTO
Composti bioattivi negli alimentidi origine vegetale
Da pochi anni a questa parte, l’interesse della popolazione è sempre più rivolto verso alimenti in grado non solo di soddisfare i bisogni primari, ma anche di apportare concreti benefici alla propria salute. “Curarsi col cibo” è diventato per-ciò uno dei leitmotiv della nostra epoca, sfruttando le proprietà nutraceutiche (termine nato dalla fusione di “nutrizionali” e “farmaceutiche”)di frutta e verdura abitualmente presenti sulle nostre tavole. Ippocrate già vedeva il cibo, e in particolare la sua qualità e le sue quantità, come uno dei pochi strumenti efficaci e utilizzabili dei medici per contrastare in qualche modo alcune patologie come la gotta, il diabete mellito, l’ipertensione etc. Gli alimenti di origine vegetale rappresentano una componente essenziale del-la dieta mediterranea, e si collocano alla base della piramide alimentare in numerose diete tradizionali, tra cui quella toscana. Il grande successo di questa classe di alimenti è da attribuirsi a numerose proprietà benefiche e salutistiche che essi posseggono, riconducibili ad una serie di composti bioprotettivi (cosiddetti nutraceutici) contenuti al loro interno. Nella dieta mediterranea, infatti, il consumo di alimenti di origine vegetale è stato associato ad una ridotta incidenza di diverse patologie, tra cui quelle cardiovascolari e degenerative, diverse tipologie di cancro, obesità, oltre che un ridotto tasso di mortalità. I fitochimici di origine vegetale responsabili di queste azioni benefiche per l’organismo sono molteplici, ed agiscono principalmente contrastando e neutralizzando le specie reattive dell’ossigeno che si generano normalmente durante le fisiologiche reazioni intra cellulari, mala cui concentrazione può aumentare anche a seguito di fattori esterni e stili di vita poco salutari. Tuttavia, una volta ingerito un alimento vegetale, la concentrazione dei diversi composti nutraceutici in esso contenuti ed in grado di svolgere un’azione benefica per l’organismo, è strettamente dipendente da due parametri: la sua bioaccessibilità e la sua biodisponibilità. Con bioaccessibilità si intende la frazione di nutriente rilasciato dalla matrice alimentare durante la digestione e disponibile per l’assorbimento intestinale, mentre con biodisponibilità si intende la frazione di un fitochimico assorbito e reso disponibile nel sito d’azione nel normale metabolismo, misurata come quantità di metabolita presente nella circolazione ematica. Questi due fattori, la bioaccessibilità e la biodisponibilità, sono strettamente legati anche ai trattamenti tecnologici ed ai processi produttivi che subisce l’alimento prima di essere consumato. Ad esempio, la cottura è un trattamento fisico in grado di avere risvolti sia positivi che negativi per il pro-filo nutrizionale e nutraceutico di un alimento, in dipendenza da quale classe di composti viene considerata. Se da un lato la cottura determina infatti la degradazione di composti termolabiliquali i composti fenolici, riducendone il contenuto nell’alimento, allo stesso tempo l’eleva-ta temperatura determina la dissociazione dei complessi proteine-carotenoidi, aumentandone la bioaccessibilità. Tra i fitochimici più importanti e conosciuti all’interno del regno vegetale vi sono appunto i terpenoidi, i composti fenolici, le vitamine, gli alcaloidi ed i glucosinolati. I terpenoidi costituiscono una amplissima classe di metaboliti secondari composti da una o più unità isopreniche (ovvero a cinque atomi di carbonio),ed includono aromi e profumi, antibiotici, ormoni, sostanze lipidiche di membrana, deterrenti alimentari, agenti antitumorali, attrattori degli insetti, trasportatori di elettroni. Tra i terpenoidi più conosciuti vi sono senz’altro i carotenoidi, sottoclasse particolarmente diversificata con oltre 600 varianti strutturali identificate ad oggi.Le fonti principali di carotenoidi all’interno della dieta sono frutti e ortaggi, ai quali conferisco-no i caratteristici colori giallo, arancio e rosso.In particolar modo, tra gli alimenti più ricchi in carotenoidi troviamo pomodori, carote, arance, spinaci, cavoli, e peperoni. Negli ultimi decenni, un consumo di alimenti ricchi in carotenoidi (in particolare β-carotene, α-carotene, licopene, luteina e criptoxantina) è stato associato ad un ridotto rischio di contrarre malattie cardiovascolari, cancro e altre malattie croniche, oltre arappresentare un’importante fonte di vitaminaA. Un’ulteriore classe importante di metaboliti secondari sono i glucosinolati, composti organi-ci contenenti zolfo, azoto e glucosio. Essi sono tipici delle Cruciferae, soprattutto delle Brassicaceae quali broccoli, verza, cavolfiore, cavoletti di Bruxelles, cavolo nero e si riscontrano in tutti gli organi della pianta in dipendenza dall’età, dallo stato di salute e dalla nutrizione della pianta, oltre che dalla localizzazione tissutale. Per l’organismo umano, i glucosinolati svolgono un ruolo importante in quanto il loro consumo è stato associato ad una ridotta incidenza di di-versi tipi di cancro. Tuttavia, i glucosinolati sono anche considerati dei fattori antinutrizionali, in quanto i loro prodotti di idrolisi, se ingeriti ingrande quantità, sono in grado di interferire con la sintesi degli ormoni tiroidei, riducendo allo stesso tempo l’assorbimento dello iodio da parte dell’organismo. Fra i glucosinolati, in particolare la progroitina, è risultata essere particolarmente tossica in dipendenza dei suoi prodotti di idrolisi quali i tioni. L’esempio riportato della goitrina ci deve rendere consapevoli che non tutto ciò che è naturale è anche salutare e che quindi l’informazione verso i consumatori deve essere corretta e suffragata da dati scientifici. L’elevata biodiversità fitochimica che si ritrova in natura è determinata sia dalle condizioni ambientali in
cui cresce la pianta, dalle tecniche di coltivazione e dal background genetico che giocano un ruolo essenziale sia nella produzione che nel profilo dei nutraceutici sintetizzati.
BIOGRAFIE
Roberto Barale, professore ordinario di Genetica, ha svolto studi sulla mutazione e cancerogenesi sulla diversità genetica umana, suscettibilità genetica alle patologie degenerative, alla risposta ai farmaci, e sulle capacità gustative e preferenze alimentari individuali. Già prorettore alla Ricerca dell’Università di Pisa, è stato pro- motore del Centro interdipartimentale di ricerca Nutraceutica e Alimentazione per la salute dell’Università di Pisa.
Marcello Mele, professore ordinario di Scienze animali e direttore del Centro di ricerche agro- ambientali “E. Avanzi” dell’Università di Pisa. La sua attività di ricerca è incentrata sullo studio della qualità degli alimenti di origine animale, con particolare attenzione alla composizione della frazione lipidica e alla possibilità di modificarla attraverso strategie nutrizionali e di miglioramento genetico.
Annamaria Ranieri, professore ordinario di Com- posti bioattivi e Nutraceutica e membro del Centro interdipartimentale di ricerca “Nutraceutica e alimentazione per la salute” (Nutrafood). La sua attività di ricerca si concentra sullo studio del metabolismo secondario dei vegetali sia di strategie eco-compatibili per incrementare il contenuto di composti nutraceutici all’interno di alimenti di origine vegetale.
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