L’innovazione nella depurazione delle acque reflue in agricoltura

Livorno |Manola Meini |7 ore | 24 Marzo 2021

Intervento di Manola Meini

titolare di Studiolab e libera professionista, consulente nel settore della gestione delle acque reflue


Introduzione

Ogni attività umana, industriale o agricola per essere svolta necessita di acqua, che proviene da fonti naturali come fiumi e laghi. In conseguenza dell’utilizzo, l’acqua si arricchisce di sostanze quali detergenti, grassi, prodotti chimici, escrementi, sostanze organiche varie: ne consegue che l’acqua inquinata venga sottoposta ad una serie di trattamenti depurativi che consentano la rimozione di tali sostanze prima della sua reimmissione nei corpi ricettori quali i fiumi, i laghi, il mare, il suolo, e così via.

I processi di lavorazione industriali, la concentrazione e lo sviluppo di allevamenti animali e le accresciute esigenze domestiche concorrono alla formazione di volumi sempre più grandi di acque inquinate, sui quali poco può fare la capacità autodepurativa dei ricettori. I trattamenti di depurazione servono a compensare e a riequilibrare il sistema.

Non è certamente semplice dare una definizione esauriente di inquinamento inteso come sinonimo di degrado ambientale, ma è comunque possibile intuirne l’associazione a qualunque tipo di alterazione che vada a modificare le caratteristi- che dell’ambiente in senso sfavorevole alla vita. Il degrado ambientale provocato dall’attività fisiologica e lavorativa dell’uomo può essere contenuto entro limiti accettabili se viene perseguito il concetto del “cerchio da chiudere” enunciato dall’ecologo americano Berry Commoner, che negli anni Settanta ha applicato un rigoroso approccio scientifico ai problemi ambientali. In sintesi, i beni che l’uomo sottrae alla terra per soddisfare i propri bisogni devono essere restituiti alla terra in forme e con modi ecologicamente corretti al termine del loro utilizzo.

Le considerazioni sopra esposte potrebbero sembrare astratte divagazioni di tipo storico-filosofi- co e poco attinenti al contesto delle tecniche di depurazione e dell’innovazione tecnologica: in realtà la diffusa concezione di impatto ambientale inteso come l’insieme dell’alterazione dei fattori e dei sistemi ambientali, nonché delle ri- sorse naturali, prodotta dalle trasformazioni d’u- so del suolo e dagli insediamenti umani è valida non solo per progettare opere di rilievo come un aeroporto o una centrale elettrica ma anche per la localizzazione e il dimensionamento di un impianto di depurazione di acque reflue.

Risulta quindi facilmente intuibile quanto la realizzazione di un progetto comporti inevitabilmente un impatto sull’equilibrio preesistente e quanto sia indispensabile effettuarne a priori un‘accurata valutazione di tutte le componenti. L’impianto di depurazione non “distrugge” le so- stanze nocive ma semplicemente le concentra, le trasforma e le ridistribuisce: se la restituzione all’ambiente non avvenisse in modo corretto, il bilancio ambientale non sarebbe accettabile, soprattutto in virtù dei fini cui è progettato.


La depurazione dei reflui in agricoltura (aziende agricole, fattorie, cantine, allevamenti e così via)

Le acque reflue da depurare vengono suddivise in base alla loro provenienza in:

• acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche

• acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento

• acque reflue urbane: acque reflue domestiche o miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilava- mento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato

Sono inoltre assimilate alle acque reflue domestiche, le acque reflue (art.102 del D.L.gs. 152/06 ”Norme in materia ambientale”):

1. provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura 2. provenienti da imprese dedite ad allevamento

di bestiame

3. provenienti da imprese dedite alle attività di cui ai punti 1 e 2 che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità

4. provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo

aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale

5. provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore

Le sostanze inquinanti contenute nei reflui possono essere di varia natura ed origine: si possono però riportare, pur nella loro varietà, ad un comune denominatore che è la quantità di ossigeno che bisogna somministrare ad esse per eliminare l’effetto dell’inquinamento prodotto.

Un liquame che venisse scaricato tal quale in un corpo d’acqua arrecherebbe a quel corpo idrico un grave danno perché sottrarrebbe ossigeno alla flora e alla fauna.

Questo è un concetto fondamentale nella tecnica della depurazione delle acque perché identifica il problema del calcolo e dimensionamento degli impianti di depurazione.

In altre parole, ogni sostanza inquinante ha un grado di inquinamento che è pari al quantitativo di ossigeno che bisogna somministrare per eliminare l’effetto dell’inquinamento: si quanti- fica quindi l’ossigeno che bisogna fornire ad un liquame per trasformare le sostanze organiche putrescibili in sostanze inorganiche o minerali imputrescibili e innocue.

Tale entità costituisce il carico organico (Co) cioè la misura indiretta dell’inquinamento prodotto e si esprime in termini di B.O.D. ossia Domanda biochimica di ossigeno che rappresenta la “quantità di ossigeno necessaria ai microrganismi aerobi per procedere alla assimilazione-de- gradazione delle sostanze organiche presenti nel liquame in un determinato tempo (5-20 giorni)”. Il dato è espresso in mg/l di ossigeno. L’esperienza dimostra che a 20°C, la riduzione percentuale del BOD è del 20,6% al giorno. Un’acqua il cui BOD iniziale fosse di 100 mg/l dopo una giornata di aerazione il

BOD1 = 100 – 100 x 0,206 = 79,4 mg/l

Alla fine del secondo giorno il BOD restante sa- rebbe dato da:

BOD2 = 79,4 – 79,4 x 0,206 = 63,0 mg/l

Allo stesso modo si calcolerebbe che alla fine del terzo giorno il BOD dell’acqua è dato da:

BOD3 = 63,0 – 63,0 x 0,206 = 50,0 mg/l

E così via.

La ripetizione del calcolo dimostrerebbe che alla fine del 20° giorno il BOD sarebbe ridotto ad un valore talmente piccolo da poter essere considerato nullo.

La misura del BOD costituisce uno dei metodi più efficaci per conoscere il grado di inquinamento di un acqua lurida: tale misura viene effettuata praticamente immettendo nell’acqua lurida una certa quantità di ossigeno e misurando ciò che ne resta dopo venti giorni.

Il maggior inconveniente di questo metodo sta nella durata che richiede 20 giorni di tempo per determinare l’inquinamento del liquame. Si è però constatato che esiste un legame tra il BOD a 20 giorni e quello a 5 giorni. Il BOD a 5 giorni rappresenta, a 20°C, il 68,4% di quello a 20 giorni. Il valore normale dell’inquinamento o carico organico (Co) di 54 g di BOD5/ab. X giorno è un dato tradizionale. Il carico organico varia col tipo di alimentazione per cui, per i Paesi con più elevato tenore di vita, si può valutare in 60 g di BOD5/ abitante x giorno.


Inquinamenti tipici dei liquami e possibili metodi di trattamento

In base alla sua origine, l’inquinamento può es- sere di natura umana, animale o industriale. L’inquinamento prodotto dall’uomo è composto da sostanze inquinanti viste sotto l’aspetto fisico, chimico e biologico che possono essere rispettivamente sospese o disciolte, organiche o inorganiche, biodegradabili o non biodegradabili.

Per dimensionare un impianto di depurazione, un dato fondamentale che si deve conoscere è quello dell’inquinamento prodotto in termini sia di tipo che di quantità di sostanza inquinante prodotta, rapportata al valore del BOD5. In letteratura sono disponibili dati di riferimento per consentirne una stima approssimativa ad esempio tabelle in cui alle varie sostanze inquinanti viene associato un valore di inquinamento pro- dotto in termini di BOD5.

Se l’impianto deve trattare solamente scarichi di natura domestica, sapendo che il carico organi- co unitario è di 60 gr di BOD5, noto il numero di abitanti, l’inquinamento giornaliero è dato dal prodotto del numero di abitanti per il valore del carico organico unitario.

Nella pratica però succede spesso che nello stesso impianto debbano essere trattati oltre agli scarichi umani, anche quelli animali e industriali. Conoscendo il valore dell’inquinamento prodotto da tali due altri componenti e rapportando il loro valore a quello umano si determina così la popolazione equivalente.

Se nell’impianto devono essere trattati oltre agli scarichi umani, anche o solo quelli animale e/o industriali devono essere valutate tutte le com- ponenti.

Il valore dell’inquinamento prodotto da tutte le componenti viene rapportato a quello degli scarichi umani e si determina così la popolazione equivalente.

Tale concetto si applica anche nel caso di insediamenti umani dove la presenza dell’uomo non si ha per tutta la giornata per cui l’inquinamento prodotto è una frazione del valore di 60 g BOD5. Nel caso di inquinamento animale esso varia a

seconda del tipo di allevamento e, per gli anima- li dello stesso gruppo, in funzione del peso. Considerazioni analoghe devono essere fatte per la valutazione dell’inquinamento di effluenti organici di specifiche filiere come la macellazione di bovini, suini e ovini, le industrie lattiero casearie, i salumifici o le industrie di conserve vegetali. I dati tabellari reperibili in letteratura, trattandosi di dati caratteristici medi, possono essere utilizzati come base di partenza per un dimensionamento di massima: quando è possibile, in considerazione della variabilità e specificità dei cicli produttivi, è comunque opportuno rac- cogliere più dati possibili sull’effettiva entità dell’inquinamento prodotto e sui quantitativi di acqua reflua prodotta attraverso le analisi di laboratorio dei principali parametri caratterizzanti.

Ad esempio, i salumifici che effettuano la salagione e la stagionatura dei salumi, in particolare dei prosciutti, hanno produzioni cicliche che por- tano a scarichi saltuari di acque derivanti dalle operazioni di lavaggio che contengono elevate concentrazioni di grasso e di cloruro di sodio (sale da cucina). Queste acque vengono diluite con le acque derivanti dai sistemi di raffredda- mento e condizionamento delle celle senza ricircolo, in percentuali variabili da sistema a sistema. Con percentuali elevate, si avranno volumi maggiori di refluo da trattare anche se maggior- mente diluito, e ciò andrà a scapito di impianti di maggiori dimensioni e meno gestibili.

Un altro dato a cui si fa spesso riferimento è il C.O.D. ossia Domanda chimica di ossigeno che rappresenta il fabbisogno di ossigeno per l’ossidazione chimica del campione. La reazione avviene in ambiente acido per acido solforico e bicromato di potassio alla temperatura di 148°C per 2 ore. Il dato è espresso in mg/l di ossigeno. Il saggio del COD non consente di distinguere un rapporto tipico COD/BOD, tra sostanze biodegradabili e non biodegradabili, ma fornisce una misura esatta del consumo teorico di ossigeno occorrente per ossidare tutta la sostanza organica e la sostanza inorganica ossidabile contenuta nel liquame. È comunque un test rapido e riproducibile, inoltre è stato riscontrato sperimentalmente che nei liquami civili grezzi il rapporto COD:BOD è pari circa a 2:1 e di circa 4,5:1 negli effluenti finali trattati in impianti di depurazione. Nei casi di reflui misti è opportuno eseguire frequentemente e per un certo periodo di tempo sia il BOD che il COD, e se la composizione è ragionevolmente costante, è possibile individuare un rapporto tipico COD/BOD in modo da determinare solo il COD come saggio di routine. Parlando di inquinamento fino a questo punto si è parlato complessivamente di BOD e di COD, ma questi non sono gli unici parametri da considerare, sebbene siano quelli più importanti. Occorre prendere in considerazione varie sostanze presenti nei liquami, ognuna delle quali potrà essere scaricata nel corpo ricettore finale se la sua concentrazione sarà limitata entro i limiti disciplinati nell’Allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale” e ss.mm. ii., oltre che da normative regionali, che regola- mentano particolari situazioni locali come ad esempio lo scarico sul suolo di piccoli impianti, oppure l’assimilabilità dei reflui di alcune attività ai reflui domestici (es. D.P.G.R. Toscana 8 settembre 2008, n. 46/R “Regolamento di attuazione della legge regionale 31 maggio 2006, n. 20 “Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”).

Le Regioni, nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, possono definire valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all’Allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. 152/06, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le Regioni non possono comunque stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell’Allegato 5.


Schema classico di un impianto di depurazione biologico

L’impianto di depurazione in buona sostanza è costituito da una serie di vasche nelle quali vie- ne avviato il liquame: ognuna ha una specifica funzione ed in esse avviene la separazione del- le sostanze inquinate dalla massa liquida fino a portarla ad uno stato di disinquinamento tale da poter essere scaricata nel corpo ricettore finale con delle caratteristiche contenute entro i limiti ammessi dalla legge.

biologico o chimico, dovrà essere mirato alla rimozione di un tipo specifico di inquinamento. Dal punto di vista tecnico, i sistemi biologici di depurazione sono sistemi dinamici che permettono di rimuovere le sostanze organiche biodegradabili presenti nel liquame, cioè tutte quelle sostanze che possono essere “digerite” dai batteri. In pratica possono essere considerati dei veri e propri “reattori” biologici controllati e pilotati tecnologicamente per ottenere gli obiettivi depurativi desiderati.

All’interno degli impianti di depurazione sono presenti una serie di trattamenti che possono essere

così suddivisi:

• trattamenti primari, di natura prevalentemente fisica o meccanica (ad esempio sedimentazione primaria, grigliatura, dissabbiatura)

• trattamenti secondari, di natura biologica (ad esempio ossidazione biologica)

• trattamenti terziari, di natura chimico-fisica (ad esempio filtrazione, denitrificazione, defosfatazione, etc...)

I primi due trattamenti sono sempre presenti negli impianti biologici, il terzo si trova solo negli impianti più grandi e complessi.

Il trattamento biologico-ossidativo a fanghi attivi consiste nel mettere a contatto la massa liqui- da con una certa quantità di ossigeno.

In un’acqua inquinata da sostanze organiche, sottoposta ad aerazione, si formano lentamente delle

colonie di microrganismi aerobi, che assumono l’aspetto di un fango fioccoso color nocciola. Tale fango, detto fango attivo, è in grado di provocare una rapida ossidazione delle sostanze organiche biodegradabili contenute nell’acqua. Le sostanze inquinanti rimosse dai liquami vanno a con- centrarsi nella biomassa batterica e nei fanghi che si producono, che possono essere sottoposti a loro volta a processi biologici per ridurne la putrescibilità, il volume, e così via.

Non si tratta però di un fenomeno unicamente biologico ma è piuttosto il risultato di una concomitanza di alcuni fattori chimici, fisici e biologici, quali la presenza di colloidi organici ed inorganici, di un dato pH, una data concentrazione salina, dell’agitazione, e così via.

Nella vasca di ossidazione si sviluppano spontaneamente dei microrganismi che riescono a prodursi, vivere e crescere di numero per il realizzarsi di due condizioni indispensabili:

• presenza di ossigeno

• presenza del loro “cibo” che è costituito dalla sostanza inquinante presente nella massa liqui- da di cui si alimentano

Il processo per gli impianti biologici a fanghi at- tivi si basa sullo sviluppo di aggregati batterici (decompositori) che prendono l’energia per il loro sviluppo dalla sostanza organica disciolta nel liquame. Successivamente sui fiocchi di fan- go, che si vanno formando con l’ausilio dei batteri fiocco formatori e poi dei filamentosi che con- feriscono una struttura al fiocco, si sviluppa una microfauna di consumatori quali: flagellati, ciliati natanti, ciliati sessili, ciliati di fondo e predatori, con una dinamica strettamente correlata alla nicchia ecologica di ciascuna specie. L’efficienza del processo depurativo dipende dall’equilibrio ecologico che si instaura tra le diverse categorie di organismi, ciascuna con un ben preciso ruolo nutrizionale e funzionale, nonché precise necessità metaboliche.

L’obiettivo primario dell’impianto è quello di mantenere il rendimento depurativo su determinati prefissati livelli: il buon funzionamento dell’impianto e di conseguenza l’alto rendimento raggiungibile sono strettamente connessi al buon dimensionamento dell’impianto nonché alla sua corretta conduzione.

L’efficacia di un impianto biologico di depurazione dipende da tre fattori:

• la velocità della reazione biologica

• il tempo di contatto tra inquinanti in soluzione e biomassa

• la biomassa batterica che vi opera


Trattamenti di sedimentazione o pretrattamento (vasche Imhoff, disoleatori, e così via)

Il trattamento di sedimentazione del liquame consiste nel separare per effetti della gravità le sostanze solide dalla massa del liquame: si tratta di un pretrattamento eseguito all’inizio del ciclo depurativo per separare i solidi sospesi indispensabile negli impianti a letto batterico o percolatore per evitare l’intasamento del letto, mentre per un impianto a fanghi attivi la vasca di decantazione primaria non è strettamente necessaria. In linea generale, nei pretrattamenti si possono

includere tutti quei sistemi atti alla rimozione di sostanze che potrebbero influire negativamente sull’efficienza del comparto biologico (solidi, sabbie, oli e grassi, e così via). Ad esempio gli oli e i grassi, qualora siano presenti nei liquami in quantità notevole, possono essere causa di un cattivo rendimento dell’impianto di depurazione in quanto le pellicole oleose, ricoprendo le sostanze da ossidare, impediscono il contatto di queste con l’ossigeno, inoltre nelle vasche di aerazione si possono manifestare schiume ed emulsioni di difficile abbattimento. Si procede in tal caso alla disoleazione e cioè alla rimozione delle sostanze che hanno un peso specifico inferiore a quello del liquame sfruttando il processo di flottazione, che è opposto a quello di decantazione. In pratica ogni vasca nella quale la velocità non sia elevata e che abbia una superficie ampia costituisce un separatore di oli e grassi. Le fosse settiche costituiscono il più semplice tipo di sedimentatore primario a flusso orizzontale nelle quali si formano tre strati (vedi figura): uno superficiale (zona schiume) dove si raccolgono le sostanze più leggere dell’acqua; uno sul fondo (zona fanghi) dove sedimentano le sostanze più pesanti dell’acqua, che danno origine a fenomeni anaerobici e uno strato intermedio costituito dal liquame chiarificato. Possono essere composte da più scomparti e costituiscono uno tra i più semplici sistemi di chiarificazione delle acque reflue domestiche.

Come nelle fosse settiche, anche nelle vasche Imhoff si distinguono le tre zone sopra descritte, ma tali vasche prevedono due scomparti posti uno sopra l’altro nei quali avvengono la decantazione (in quello sopra) e la digestione dei fanghi (in quello sottostante). Vengono costruite in opera in getto di calcestruzzo, oppure in getto di calcestruzzo per la fondazione e in muratura di mattoni per la parte in elevazione. Per le piccole utenze esistono in elementi componibili in calcestruzzo armato o in monoblocco.

In considerazione del basso rendimento realizzabile, le vasche Imhoff possono essere utilizzate come unico trattamento solo per scarichi civili o assimilabili se lo scarico dell’effluente avviene in fognatura collegata a sua volta ad un impianto di depurazione ed entro certe potenzialità (numero degli abitanti equivalenti). Per piccoli insediamenti, qualora non esista la fognatura o, in base a leggi regionali se essa è posta oltre determinate distanze, è ammesso lo scarico su terreno o sottosuolo, sempre che siano rispettate le condizioni previste per legge (ad esempio che i terreni lo consentano e che i liquami subiscano un idoneo pretrattamento).

I trattamenti depurativi di cui all’articolo 105, comma 2 del D.Lgs. 152/06, denominati trattamenti appropriati, possono essere adottati per la depurazione di acque reflue urbane o domestiche provenienti da agglomerati o insediamenti fino a 2000 AE, se recapitanti i propri scarichi in acque superficiali interne ed in acque di transizione, e da agglomerati o insediamenti fino a 10.000 AE se recapitanti i propri scarichi in acque superficiali marino costiere.

Sono ritenuti trattamenti appropriati per lo scarico in acque superficiali interne i trattamenti elencati all’allegato 3, tabella 2 del Regolamento della Regione Toscana n.46/R nel rispetto di una serie di condizioni contenute nell’articolo 19 e nell’articolo 21 bis della legge regionale. Sono analogamente ritenuti trattamenti appropriati per lo scarico in acque superficiali marino costiere i trattamenti elencati all’allegato 3, tabella 3. La scelta dei trattamenti appropriati deve garantire la tutela dei corpi idrici recettori e la tutela delle acque sotterranee ove sia stata stabilita la conformità ai relativi obiettivi di qualità ambientale o per specifica destinazione.


Trattamenti biologici ossidativi

Nel panorama dei possibili trattamenti biologici rientra tutta una serie di tecnologie con specifiche peculiarità e con pro e contro diversi.

Il trattamento biologico a letti percolatori fu il primo sistema di depurazione delle acque di fogna che riuscì a dare rendimenti depurativi elevati. Essenzialmente è costituito da una struttura cilindrica in cui è contenuto il materiale di riempimento: il liquame chiarificato, proveniente dalla fase di sedimentazione primaria, viene distribuito sulla superficie del materiale di riempimento per mezzo di alcuni bracci ruotanti il cui moto è dato dalla spinta del liquame stesso che fuoriesce dai tubi forati. Il passaggio del liquame attraverso il letto avviene per caduta e percolazione. A differenza del sistema a fanghi attivi in cui la biomassa è dispersa nella miscela aerata, in questo sistema la biomassa si trova adesa al materiale di riempimento. Alla base del letto di riempimento, il liquame depurato e le pellicole batteriche che periodicamente si staccano da materiale di riempimento vengono raccolti attraverso delle canaline drenanti e convogliate verso un sedimentatore finale con lo scopo di separare i fanghi dal liquame depurato. La scelta di questo schema di impianto rispetto a quello a fanghi attivi deriva spesso da una gestione più economica e più semplice ma per contro richiede un impegno di spazio maggiore ed è maggiormente influenzato dalla temperatura. Inoltre nel caso in cui sia abbia a disposizione una prevalenza di alcuni metri sarà possibile effettuate il carico dei percolatori per semplice caduta, risparmiando così le spese per il sollevamento idraulico. Di contro nella conduzione possono verificarsi inconvenienti relativi al verificarsi di fenomeni di intasamento del materiale di riempimento e allo sviluppo di cattivi odori e insetti soprattutto nei periodi estivi, che comunque possono essere contrastati con l’aumento del carico idraulico e un alimentazione il più possibile continua.

Il metodo a dischi biologici si ricollega concettualmente a quello dei filtri percolatori ma mentre nei filtri percolatori la fase liquida scorre percolando sul supporto fisso, nei dischi biologici sia il liquame che il supporto sono in movimento. In entrambi i casi però la biomassa attiva non è mantenuta in sospensione ma aderisce sotto for- ma di pellicola al supporto solido.

L’elemento base è il rullo costituito da un certo numero di dischi, montati su un albero aziona- to da un motore. Il rullo ruota a bassa velocità, immerso per circa il 40% del suo diametro nel liquame immesso e contenuto nella vasca sotto- stante. Come accade nei filtri percolatori, la biomassa prodotta sui dischi si stacca continuamente e viene separata sotto forma di fanghi nella vasca di sedimentazione secondaria.

I dischi biologici si adattano bene alle esigenze di piccole e piccolissime comunità, nelle quali si assiste a notevoli sbalzi di carico ed è richiesto un tipo di gestione quanto più semplice possibile (agglomerati urbani isolati, villaggi turistici, camping, autogrill, e così via).


La scelta della tecnologia più adeguata per il raggiungimento degli obiettivi depurativi e le metodologie innovative nell’ottimizzazione degli impianti di depurazione

Risulta evidente da questa breve panoramica generale di quanto sia ampio lo scenario sia legislativo che tecnico in materia di depurazione delle acque e di come la scelta della tecnologia più adeguata debba tenere conto di tutta una serie di fattori. Innanzitutto si dovrà considerare il contesto normativo per definire gli obiettivi depurativi, e di conseguenza la selezione delle possibili soluzioni depurative dovrà essere svolta tenendo conto delle caratteristiche tipiche del refluo da depurare e del contesto generale, come ad esempio la disponibilità di spazi adeguati, di energia elettrica, costi e così via. Per ogni sistema dovranno anche essere valutati i relativi pro e contro sia per quanto riguarda la fase di realizzazione che per la successiva gestione e manutenzione.

La conoscenza approfondita delle ormai consoli- date tecnologie depurative è stata recentemente implementata sfruttando tecnologie innovative oppure applicando vari sistemi in sinergia tra loro.

Ne è un esempio la combinazione di più tecnologie di depurazione per ottenere il riutilizzo delle acque depurate per l’irrigazione oppure rendendo possibile l’alimentazione degli impianti di trattamento impiegando un impianto fotovoltaico e consentendone l’impiego anche in Isola, cioè senza la necessità di allacciare l’utenza alla rete elettrica nazionale.

Tra le metodologie innovative nell’ottimizzazione degli impianti di depurazione possono essere considerati: gli impianti a ciclo discontinuo (SBR), i reattori biologici a membrana (MBR), i sistemi ultrafiltrazione, e così via.

Quadro di comando e controllo impianto di depurazione MBR

Visto il particolare carattere innovativo, nel seminario saranno descritti ed analizzati alcuni casi significativi quali:

• l’impianto di depurazione a fanghi attivi delle acque reflue di cantina con trattamento terziario di filtrazione, ultrafiltrazione e disinfezione con ozono

• l’impianto di depurazione biologico a membra- na delle acque reflue di un campeggio e il riutilizzo dell’acqua depurata per uso irriguo

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